TRA L’ALCATRAZ E L’AVANA CI SON DI MEZZO GLI AFRO-CUBAN ALL STARS

Scritto da il 5 Novembre 2019

A l’Havana il confine tra vivere, suonare, amare e cantare è molto labile ed il pubblico dell’Alcatraz è riuscito a coglierne appieno l’essenza la sera dello scorso 3 novembre. Gli Afro-Cuban All Stars, come suggerisce il nome stesso dell’ensamble, rappresentano una sorta di dream team di artisti e musicisti di origine cubana, il cui obiettivo non è altro che portare sul palco in ogni loro performance tutta l’energia e la forza della loro cultura e della loro musica.

Lo stage-B del locale milanese ha accolto ben tredici musicisti tra percussionisti, fiati, tastiere e voci principali. La sezione ritmica era composta da quattro maestri, che davano il tempo a suon di congas, rullanti e addirittura uno xilofono. Juan de Marcos Gonzalez, cantante e frontman del gruppo, ha tenuto molto a sottolineare come il ritmo è una componente fondamentale e peculiare della musica cubana ed ha caratterizzato in modo indelebile anche la storia di Cuba. Egli ha ricordato come, nei periodi di particolare tensione politica e sociale dello stato cubano, suonare le percussioni con le mani (piuttosto che con bacchette o spazzole) fosse considerata una pratica illegale, molto probabilmente perché legata alle persone di colore. Ora, fortunatamente, una tale restrizione non sarebbe nemmeno lontanamente immaginabile; piuttosto si dovrebbe dichiarare illegale il rimanere immobili all’ascolto di un percussionista cubano all’opera.

La set-list della serata ha abbracciato un’ampia gamma di generi musicali, dal bolero al cha-cha-cha, dalla rumba alla salsa più sfrenata. Non sono mancate, infatti, accesissime esibizioni tra il pubblico di coppie appassionate di musica latina, per non parlare di intere coreografie prontamente improvvisate da uomini, donne e persino bambini. Il maestro Gonzales, per di più, è sceso dal palco a metà concerto conducendo magistralmente le prime file in un turbine di gambe e braccia a ritmo di terzine cubane.

Sin dal terzo brano, l’ensamble ha voluto rendere omaggio ad alcuni dei massimi esponenti della musica cubana: dai Buena Vista Social Club, di cui il maestro Gonzalez è stato membro agli albori della sua carriera, ad Arsenio Rodriguez, uno dei primi compositori cubani nonché uno dei padri del mambo.

Cuba è ritmo, energia, calore, ma è anche sinonimo dell’amore più passionale. Amore per la propria donna, amore per la famiglia, amore per la musica e la vita. Non a caso Juan Gonzalez ha voluto precisare che sul palco fossero presenti, rispettivamente tra le voci e i fiati, anche sua moglie, ormai da quarant’anni, e una delle sue figlie. A tratti commovente, la dedica del maestro alla sua consorte del romanticissimo brano “Ella y yo”, i cui versi recitano (tradotti) così: “Lei ed io, due pazzi che vivono un’avventura punita da Dio, un labirinto senza uscita dove la paura diventa amore”.

Al momento del bis, infine, mentre le gambe di tutti per inerzia continuavano ad agitarsi e le tempie grondavano di sudore, Carlos Puisseaux è rientrato per primo per un solo di congas durato cinque interminabili minuti. Il momento solista è culminato con un crescendo, cui si sono aggiunti a turno tutti gli strumenti, fino all’inizio di “Maria Caracoles”, primo dei due brani della ripresa. Sulle note di “Homenaje a Puerto Rico”, ultimo brano della serata, il tastierista si è esibito nell’ultima sfrenata performance di ballo con drappo rosso tra le mani, a metà strada tra una salsa, un tango e un flamenco.

Il JazzMi, insomma, ha centrato pienamente la serata, invitando un complesso che sicuramente in Italia avrebbe avuto difficilmente modo di esibirsi, in particolare in una venue come l’Alcatraz di Milano. Degli ospiti di tale calibro hanno sicuramente soddisfatto quella parte di ascoltatori e appassionati di musica che non vedevano l’ora di ascoltare un po’ di musica latina di qualità e suonata dal vivo da musicisti in carne ed ossa, senza quelle leggere sfumature di reggae(ton) che si sentono negli ultimi tempi.

Federico Lapolla


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