Da Parc Guell al sogno di registrare in un pullman: intervista ai Selton

Scritto da il 4 Settembre 2016

Succede che giovedì 1 Settembre mi trovo all’HOME Festival a Treviso, e dopo la conferenza stampa con il founder Amedeo Lombardi e Giò Sada stavo vagando tra le bancarelle e i sound check agognando il panino con la salamella che di lì a poco a poco avrei mangiato in attesa dell’inizio della musica. Succede poi che ricevo una telefonata che mi dice che avevo la possibilità di intervistare i Selton, e di recarmi nel luogo predisposto per l’intervista. 
I Selton sono un gruppo composto da quattro ragazzi italo-brasiliani fenomenale. Iniziano il concerto in postazione, due chitarre, basso e batteria. Poi ad un certo punto si mettono tutti a centro palco e suonano un pezzo solamente con ukulele e percussioni. Poi ritornano in postazione, ma il batterista va alla chitarra e viceversa. E i fan erano letteralmente in delirio, scatenati. Ma oltre – e forse, prima ancora – che musicisti di talento, sono dei ragazzi estremamente simpatici e alla mano. Dopo averli rassicurati che li stavo registrando solo per ricordarmi quello che ci saremmo raccontati, e che di conseguenza potevano dirsi “rispondi tu” e affrontare l’intervista con leggerezza, iniziamo a chiacchierare.

 “La prima domanda è la più classica di tutte: vi chiamate SELTON. Che cosa vuol dire? A che cosa è dovuto?”

 “E’ una parola inventata tra noi, che prima di tutto siamo amici e come ogni gruppo di amici abbiamo un linguaggio tutto nostro. Selton è una sintonia tra noi, che speriamo sia una sintonia anche tra noi e il pubblico.”

 “Voi avete cominciato suonando a Parc Guell, a Barcellona, in strada. Che sensazioni dà il fatto di suonare per strada, e quanto è diverso da suonare su un palco, davanti al pubblico? Quale dei due preferite?”

 “Suonare per strada ha un effetto sorpresa molto bello, si tratta di colpire la gente che non se l’aspetta. C’è un rapporto immediato con il pubblico, sincero e diretto. Siamo tutti sullo stesso livello, c’è una spontaneità che crea una magia. Suonare su palchi, fare dischi è diverso: devi crearti una vera fan base, lì la gente ha scelto di venire, di uscire di casa di pagare il biglietto per vederti ed è una sensazione fighissima! Sono due esperienze diverse, entrambe bellissime.”

 “Avete collaborato, tra gli altri, con Daniele Silvestri. Com’è stato? Che cosa avete guadagnato da quell’esperienza?”

 “L’abbiamo conosciuto in un contesto tutt’altro che formale. E’ una persona umana, vera, come siamo noi. Ci invitato per caso a suonare al suo matrimonio, una storia folle. Di lì è nata un’amicizia che è sfociata in una collaborazione artistica quando ci ha invitati ad essere la sua band al Premio Tenco. Daniele è un grande artista, la sua musica è complessa, è sempre pieno di idee, ci ha messo seriamente alla prova. [Interviene un altro componente del gruppo: “una settimana prima dell’evento: “ho avuto un’idea, riarrangiamo tutti i pezzi a modo Selton!”] Sì, una settimana prima davvero. E’ stato molto intenso, è un artista che stimiamo molto. Ci portiamo un bel ricordo, un’amicizia, impari sempre qualcosa quando hai l’opportunità di collaborare con personalità di questo calibro.”

 “Il vostro ultimo disco si chiama Loreto Paradiso. Chi vive a Milano è ben consapevole che Loreto è tutt’altro che un paradiso…”

 “(Sorridono, ndr). Sì, è una zona urbana e caotica. Loreto è l’opposto dello stereotipo del paradiso. Questo è il messaggio del disco: siamo noi responsabili di creare il paradiso attorno a noi, senza ideare il posto perfetto o dare la colpa agli altri. Sei tu che devi creare il tuo paradiso, tu soltanto. Mettiti alla prova e affronta i problemi veri. Il paradiso è un luogo mentale più che un luogo fisico.”

 “Stasera suonate qua all’HOME Festival. E poi?”

 “Siamo a fine estate, il tour estivo sta per finire. Quarantasette concerti, tra cui anche lo Sziget! Oggi è il terzo di una serie di sei concerti in sei giorni, neanche Indiana Jones. Suoneremo poi anche a Latina, con Calcutta, a casa sua. (Mi hanno ripetuto a memoria tutti i loro concerti futuri, che trovate sulla loro pagina Facebook, ndr. Mi complimento per la loro memoria!). Dopo una breve pausa, ripartiremo il primo weekend di Novembre. Prima o poi suoneremo in Europa, speriamo la prossima primavera, è un’idea che ora ci ispira molto e alla quale stiamo lavorando.”

 “Un sogno per il futuro?”

 “Ne abbiamo uno: vogliamo costruire uno studio di registrazione dentro un pullman, e fare dalla Terra del Fuego fino al Canada registrando. Quando avremo 72 anni forse avremo finito…”

 “Ah, un’ultima cosa: avevo una storia con una ragazza, qualche tempo fa, e il primo gruppo che mi ha fatto ascoltare siete stati voi…”

 Sorridono compiaciuti. Ci salutiamo, e ci diamo appuntamento al loro concerto qualche ora più tardi, all’HOME Festival.

 Filippo Colombo


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